Nascita di un asinello ★ Il difficile compito dei mammiferi
Il travaglio di un parto è sempre difficoltoso e talvolta estremamente doloroso, anche per gli animali. In generale lo è per tutti i mammiferi, ovvero quella specie vivente che porta in grembo le sue creature per un numero variabile di mesi, e al termine della gestazione deve “espellerle” attraverso l’orifizio vaginale.
Tuttavia, per i quadrupedi di grossa taglia è doppiamente faticoso, come ad esempio per gli equini o i bovini, perché la creatura esce contemporaneamente con zampe anteriori e testa, al contrario dei cani o dei gatti ad esempio che vengono fuori quasi accartocciati su se stessi, ritirando le zampette al busto. Ciò ovviamente è rapportato alla grandezza dell’animale, dato che comunque è sempre doloroso per qualunque specie, e forse quella umana è più avvantaggiata, anche per la sua “cucciolata” che difficilmente supera un’unità, salvo casi eccezionali in cui avviene un parto multigemellare.
Comunque ci sono vari pro e contro, visto che in effetti gli animali fanno tutto da soli, perché se una donna umana ha bisogno di supporto per partorire il figlio, nel caso dell’asino, o del cavallo, si vede la creatura che, collaborativa, aiuta la madre muovendosi per uscire dal materno giaciglio. Peraltro è già sveglio e attento dal momento che vede la luce, quindi il luogo comune della stupidità dell’asino sarebbe da riporre in un cassetto, considerando inoltre che da sempre è stato un animale utilissimo all’uomo e persino di poche pretese, anche dal punto di vista alimentare e curativo, sebbene sia molto più resistente e robusto del cavallo. Oltretutto il suo latte, definito latte d’asina, è frequentemente usato in ambito pediatrico, dato che va a sostituire il latte di mucca (vaccino), aggirando allergie e intolleranze alimentari, e in generale rimedia alle intossicazioni, avvelenamenti e dolori alle articolazioni.
L’asino è una razza equina a sé stante, soltanto l’incrocio con il cavallo dà vita ad un ibrido detto mulo, che tra l’altro è un esemplare sterile, per via della differenza cromosomica tra il cavallo e l’asino. Tuttavia si ricorre spesso a questi incroci perché i muli sono straordinariamente forti e capaci di sopportare carichi elevati per lunghe distanze, anche irte ed impervie, come quelle montuose.
L’uso dell’asino risale addirittura al tempo degli Antichi Greci e dominava anche in Medio Oriente, ancor prima del dromedario o del cammello, quindi un amico di lunga data, diciamo secolare, dell’uomo, forse al pari del gatto e del cane, che sin dall’era primitiva accompagnarono l’uomo nella sua evoluzione. Il fatto che poi sia rinomato per la sua testardaggine talvolta esasperante, è solo frutto di una mal interpretazione dell’istinto conservatore di questo animale, che di regola si ostina a non far nulla che vada contro la sua preservazione: quindi un’ulteriore dimostrazione dell’intelligenza che possiede, se consideriamo per giunta che è rimasto nel corso dei secoli inalterato nelle sue qualità e capacità.
Ancora peggio, nella cultura popolare lo si associa ad un essere ignorante e ottuso, famoso è infatti il cappello con orecchie d’asino che indica in sintesi una persona idiota, che non sa né leggere né scrivere, il classico somaro. Pessima fama e inesistente riconoscenza per un animale che invece ha rappresentato la salvezza per i nostri avi, a tal punto da essere idolatrato e diventato simbolo di culto per diversi popoli antichi.
Come sia avvenuta questa trasformazione valutativa resta un paradosso, ma forse quando un animale sa il fatto il suo e fa quello che vuole, viene conseguentemente etichettato in modo denigrante dall’uomo, come accade al povero gatto, ritenuto falso, ingannatore ed egoista. Invece è puramente indipendente, cosa che all’uomo non va bene evidentemente, per la sua mania di voler sottomettere l’intero pianeta, farlo schiavo e servitore muto.
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